Sempre più spesso la cronaca sportiva riporta episodi di comportamenti inadeguati, aggressivi o diseducativi messi in atto da adulti durante allenamenti e competizioni dei propri figli. Tuttavia, ridurre il ruolo dei genitori nello sport giovanile a una contrapposizione tra “presenza positiva” e “interferenza negativa” rischia di semplificare eccessivamente una realtà molto più complessa.
Genitori, allenatori e dirigenti sportivi rappresentano, insieme agli atleti, il fulcro attorno al quale ruota il processo di sviluppo fisico, emotivo ed educativo dei giovani sportivi. In particolare, i genitori costituiscono per i figli modelli, riferimenti e guide fondamentali, non solo nel percorso sportivo, ma anche nella crescita personale. Proprio per questo, comprendere come il loro ruolo venga percepito all’interno del contesto sportivo diventa essenziale.

Perché il ruolo dei genitori nello sport è così delicato
Gli adulti coinvolti nella pratica sportiva giovanile esercitano un’influenza significativa sulla motivazione, sulla percezione di competenza, sulle risposte emotive e sul divertimento dei ragazzi. Attraverso i propri comportamenti, possono mediare l’esperienza sportiva in senso positivo oppure, anche involontariamente, comprometterla.
Numerosi studi mostrano come la maggior parte dei genitori agisca con buone intenzioni. Tuttavia, quando il coinvolgimento diventa eccessivo o poco consapevole, il rischio è quello di generare pressione, tensioni con gli allenatori e difficoltà relazionali che incidono sul benessere dei giovani atleti.
Comportamenti genitoriali: tra criticità e risorse
Un’indagine condotta da Gould e colleghi ha evidenziato come, dal punto di vista degli allenatori, circa il 59% dei genitori metta in atto comportamenti in grado di influenzare positivamente lo sviluppo sportivo dei figli. Allo stesso tempo, però, una quota significativa di genitori adotta – spesso in modo involontario – condotte che possono ostacolare l’esperienza sportiva.
Tra i comportamenti maggiormente problematici emergono, ad esempio:
- l’eccessiva enfasi sulla vittoria;
- aspettative irrealistiche;
- difficoltà nel favorire l’autonomia del figlio;
- scarsa regolazione emotiva;
- comunicazione inefficace;
- mancanza di chiarezza nei ruoli.
Accanto a queste criticità, gli allenatori riconoscono numerosi comportamenti che rendono positiva l’interazione genitore-figlio nello sport. Tra questi spiccano il supporto emotivo incondizionato, la capacità di mettere risultati e fallimenti in prospettiva, l’incoraggiamento all’impegno e l’essere un modello comportamentale coerente.
Lo studio: obiettivi e metodo di ricerca
A partire da queste premesse, la ricerca ha avuto un duplice obiettivo. Da un lato, approfondire le teorie sulla genitorialità nello sport giovanile; dall’altro, analizzare in modo empirico le preferenze degli allenatori rispetto ai comportamenti genitoriali considerati “ideali”.
Alla ricerca hanno partecipato:
- 65 allenatori di Baseball e Softball provenienti da 13 regioni italiane;
- 86 allenatori di Taekwondo appartenenti a 15 regioni.
Agli allenatori è stato chiesto di individuare fino a otto caratteristiche che, nel loro contesto sportivo, un genitore dovrebbe possedere per essere considerato “efficace”, utilizzando un profilo di prestazione adattato. Le risposte, raccolte in forma anonima tramite questionario online, sono state analizzate con un approccio qualitativo di tipo bottom-up, lasciando emergere categorie e significati direttamente dai dati.
Le macrocategorie emerse: cosa conta davvero per gli allenatori
Dall’analisi sono emerse sei principali aree tematiche, condivise sia negli sport individuali sia in quelli di squadra:
- Autodeterminazione del figlio
- Intelligenza emotiva del genitore
- Bisogni genitoriali
- Disponibilità
- Guida nel percorso sportivo
- Leadership genitoriale
In entrambi i contesti sportivi, le prime due macrocategorie – autodeterminazione e intelligenza emotiva – raccolgono da sole oltre il 60% dei riferimenti forniti dagli allenatori. Questo dato suggerisce che, al di là delle differenze tra discipline, esistono elementi comuni ritenuti fondamentali per una genitorialità sportiva efficace.
Sport individuali e di squadra: differenze che contano
Entrando più nel dettaglio, emergono alcune differenze interessanti tra sport individuali e di squadra.
Nel Taekwondo, gli allenatori attribuiscono maggiore importanza all’autodeterminazione del figlio. In uno sport individuale, infatti, l’atleta affronta molte situazioni da solo e non può contare sul supporto immediato dei compagni. Per questo motivo, i genitori sono chiamati a favorire fiducia, autonomia, autoefficacia e capacità di gestione delle responsabilità.
Nel Baseball e Softball, invece, l’intelligenza emotiva del genitore assume un peso maggiore. Vivere il gruppo implica la capacità di comunicare, negoziare, autoregolare le emozioni e tenere conto non solo del proprio figlio, ma anche dei compagni di squadra e delle dinamiche collettive. In questo contesto, competenze come l’ascolto, la comunicazione efficace e l’autoconsapevolezza diventano centrali.
Disponibilità, guida e rispetto dei ruoli
Un altro aspetto rilevante riguarda la disponibilità dei genitori. Nel Taekwondo, viene valorizzata la capacità di dedicare tempo e presenza al percorso sportivo del figlio. Negli sport di squadra, invece, assume maggiore importanza l’organizzazione quotidiana: gestione degli impegni, logistica, preparazione dei materiali e supporto alla vita di squadra.
In entrambi i casi, gli allenatori sottolineano la necessità che i genitori rispettino ruoli e competenze all’interno del contesto sportivo. In particolare, viene richiesto di evitare interferenze tecniche e di mantenere fiducia nel lavoro svolto dallo staff, contribuendo a creare un clima di collaborazione attiva.
Cosa ci dicono questi risultati
Nel complesso, lo studio evidenzia come il ruolo del genitore nello sport giovanile sia determinante, ma anche complesso. I genitori non sono chiamati a “fare gli allenatori”, bensì a creare le condizioni affinché i figli possano sviluppare autonomia, sicurezza emotiva e competenze relazionali.
Comprendere le percezioni degli allenatori permette di progettare interventi formativi più mirati, capaci di sostenere i genitori nel loro ruolo educativo e di rafforzare l’alleanza con allenatori e società sportive. In questo senso, la collaborazione tra professionisti della psicologia dello sport, tecnici e famiglie rappresenta una leva fondamentale per costruire ambienti sportivi più sani e sostenibili.
Conclusioni
I risultati confermano che i genitori svolgono un ruolo centrale nello sviluppo sportivo e personale dei giovani atleti. Tuttavia, una parte significativa delle difficoltà nasce dalla mancanza di percorsi formativi specifici che aiutino i genitori a leggere il contesto sportivo e il proprio impatto su di esso.
Investire nella consapevolezza, nella formazione e nel dialogo tra tutte le figure coinvolte nello sport giovanile significa non solo prevenire conflitti, ma soprattutto promuovere esperienze sportive più positive, educative e durature.
Questo contributo prende spunto dall’articolo scientifico pubblicato sulla rivista Psychology, Society & Education (LEDi Journals), consultabile al seguente indirizzo: https://www.ledijournals.com/ojs/index.php/pse/article/view/2630
AUTORE: SERGIO COSTA
